L’INPS ha pubblicato il monitoraggio dei flussi di pensionamento relativi al 2020 ed al primo semestre del 2021. Sono 856mila le pensioni con decorrenza nel 2020 e quasi 390mila quelle del periodo gennaio-giugno 2021.
Le pensioni 2020. Secondo l’INPS, l’importo medio mensile sarebbe di 1.243 euro ma con un divario di genere notevole: su 856mila pensioni, 470.181 sono di donne, per un importo medio mensile di 1.033 euro, e 385.823 di uomini, con 1.498 euro mensili.
Le pensioni 2021. Le nuove pensioni con decorrenza nel periodo gennaio–giugno 2021 sono state 389.924, per un importo medio mensile di 1.155 euro. Ancora una volta sono più numerose ma più povere le pensioni femminili: 215.124 contro le 174.800 maschili, con un importo medio mensile più basso (931 euro contro i 1.429 euro degli uomini). “Tali valori – precisa l’istituto – si riferiscono alle pensioni di vecchiaia – compresi i prepensionamenti per il fondo pensioni dei lavoratori dipendenti (FPLD) e gli assegni sociali – alle pensioni anticipate, a quelle di invalidità e a quelle ai superstiti di tutte le gestioni”.
Aumenta il divario di genere. Da gennaio a giugno 2021 lo scarto tra l’importo medio degli assegni previdenziali percepiti dagli uomini, pari a 1.429 euro, e quello delle lavoratrici (931 euro) è stato di 498 euro, circa 33 euro in più di quello registrato a fine 2020
Quante sono le pensioni. Secondo i conti dell’Inail, le pensioni con decorrenza 2020
sono state 269.528 pensioni di vecchiaia (compresi gli assegni sociali), 291.479
pensioni anticipate, 43.884 pensioni di invalidità e 251.113 pensioni ai superstiti. Nel primo semestre 2021: 126.853 vecchiaia, 124.139 anticipate, 19.065 invalidità e119.867 superstiti. Analizzando le singole gestioni, il FPLD ha totalizzato 364.235 pensioni nel 2020 e 177.414 nel primo semestre 2021; seguono la gestione dipendenti pubblici con 168.808 e 52.139, artigiani (92.968 e 45.236), commercianti (81.282 e 38.757), parasubordinati (38.257 e 18.681) e coltivatori diretti, coloni e mezzadri (41.050 e 19.094). Gli assegni sociali sono stati 69.404 nel 2020 e 38.603 nel 2021.
Effetto quota 100. Nella PA il massiccio ricorso alla Quota 100 – che ha ridotto il numero degli anni di contributi necessari rispetto alla soglia contributiva del canale tradizionale per l’uscita anticipata: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 per le donne oltre a tre mesi di finestra mobile – ha determinato pensioni più basse.
La prossima riforma. Al momento, sembrano tre le opzioni sul tavolo: la fine di Quota 100 (uscita dal lavoro a 62 anni con 38 di contributi), l’ipotesi Quota 41 in pensione dopo 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica) e la terza, meno costosa, che prevederebbe la pensione per chi ha 64 anni di età e almeno 36 di contributi, o in alternativa 20 di versamenti e un importo minimo del trattamento di almeno 2,8 volte l’assegno sociale. Sarà un autunno caldo.