Lavorare meno per produrre di più

Sembra un’assurdità ma è talmente reale che il Governo del Giappone ha deciso di inserirlo tra le linee guida del Piano economico annuale: lavorare solo quattro giorni alla settimana. Lo ha proposto il primo ministro giapponese, Yoshide Suga per migliorare il tasso di produttività e l’equilibrio tra il lavoro e il tempo libero.

Perché i nipponici si sono lanciati in questa sperimentazione? La risposta è semplice: il Giappone è il Paese con il più alto numero di morti per superlavoro ma è anche il Paese, secondo l’Oecd, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che si trova sul gradino più basso della produttività, tra le aziende del G-7. La miniriforma punta anche ad un secondario ma importante effetto: far ripartire le nascite, ora in drastico calo.

Il sistema della settimana corta si basa ovviamente su ampie sperimentazioni che ne hanno dimostrato l’efficacia. Pioniera è stata un’azienda neozelandese, la Perpetual Guardian, che dal 2018 ha reso ufficiale i quattro giorni lavorativi senza tagli di stipendio, per tutti i suoi 240 dipendenti. In Olanda la settimana lavorativa è di circa 29 ore, in Norvegia e in Danimarca di 33 (ma si sta studiando un progetto per portarle a 30), in Francia si lavora 35 ore la settimana, in Germania i metalmeccanici possono scegliere di lavorare 28 ore per due anni per poi tornare alle 35 ordinarie.

Tra le ricerche più recenti, segnaliamo quella realizzata da Microsoft Giappone che la scorsa estate ha sperimentato con i suoi dipendenti la settimana di quattro giorni all’interno di un progetto aziendale, il Work Life Choice Challenge, finalizzato ad un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata. Risultato: con quattro giorni di lavoro e tre di riposo si è verificata una crescita della produttività del 40% e maggiore soddisfazione dello staff con un indice di gradimento del 92,1%: i dipendenti si sono sentiti più felici e quindi hanno lavorato meglio dal lunedi al giovedi.

L’esperimento della Microsoft ha inoltre dimostrato che lavorare meno giorni alla settimana significa anche ridurre i costi aziendali: durante l’esperimento, il consumo di energia elettrica è sceso al 23%, quello della carta del 58%. Tra le ricerche interessanti da segnalare, ne riportiamo una realizzata nel 2016 dal Melbourne Institute of Applied Economic and Social Research che ha dimostrato come, dopo i 40 anni, sia necessario ridurre l’orario di lavoro fino a un massimo di tre giorni a settimana. Lo studio ha analizzato tremila uomini e tremilacinquecento donne residenti in Australia ed ha rilevato come le capacità mentali di chi lavora full time siano inferiori, nei test di memoria, intuizione e creatività, rispetto a quelle di chi lavora quattro giorni a settimana. Pessimi i risultati di chi non lavora per niente, a dimostrazione che dopo i 40 bisogna rallentare il ritmo per bilanciare meglio lavoro e vita privata ma non annullare il lavoro. Bilanciando, lo studio del Melbourne ha definito in 25 ore settimanali l’orario ottimale per gli over 40.

Anche la Spagna sta andando in una direzione simile: Telefónica Spagna, colosso internazionale delle telecomunicazioni ha annunciato proprio in questi giorni un programma pilota che prevede una settimana lavorativa di quattro giorni. La sperimentazione inizierà ad ottobre prossimo e rientra negli accordi firmati con i sindacati, per una durata di tre mesi. Una scelta che il presidente Emilio Gayo ha presentato alla stampa spiegando che l’intenzione è quella di andare avanti con il modello di lavoro flessibile che si è dimostrato efficace durante la pandemia: “Siamo un’azienda coraggiosa e pioniera in termini di condizioni di lavoro in Spagna. Vogliamo contribuire a creare un equilibrio tra vita professionale e personale e avere un’influenza decisiva nella costruzione di una società migliore. Siamo convinti che usciremo da questa situazione più forti come squadra, meglio collegati e più impegnati”. E in Italia? Dal 2019 Daiichi Sankyo Italia, filiale della storica azienda farmaceutica giapponese, ha inserito la settimana corta per chi è a due anni dalla pensione. Il dibattito resta acceso nel nostro Paese, che resta, in Europa, quello con la maggior percentuale di lavoratori vincolati ad un contratto che stabilisce un numero preciso numero di ore. Siamo pronti a superare il dogma delle 40 ore?

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