Primi dati sulle iscrizioni all’a.s. 2021/22: in calo i numeri degli Istituti tecnici e professionali

La filiera professionalizzante porterà un rilancio per il Paese?

I primissimi dati elaborati dal Ministero dell’Istruzione in relazione alle iscrizioni alle scuole superiori ci offrono l’occasione per fare il quadro di cosa sta accadendo in Italia nel campo dell’istruzione tecnica e professionale. Se analizziamo le domande di chi ha scelto di iscriversi per settembre 2021 al tecnico, vediamo che il settore economico registra l’11,4% delle iscrizioni (lo scorso anno era all’11,2%), mentre risulta stabile al 19,6% il settore tecnologico. A questo punto la domanda emerge spontanea: dove vivono i ragazzi che preferiscono i tecnici? In Veneto (38,7%), Emilia-Romagna (37,2%) e Friuli Venezia-Giulia (37%).  La più alta percentuale di iscritti ai professionali risulta invece in Emilia-Romagna (15,5%), seguita da Basilicata (15%) e, a pari merito, Toscana e Campania (14,5%).

Le scelte degli studenti. Gli undici indirizzi degli istituti tecnici sono collegati a settori fondamentali per lo sviluppo economico e produttivo del Paese.  Per il prossimo settembre 2021 il Mi registra un calo della domanda dal 31% dello scorso anno al 30,8%; in diminuzione anche le iscrizioni ai professionali che passano dal 13,6% al 12,9%. Sono invece in ascesa i licei che passano dal 55,4% al 56,3% (fino a toccare il 68,9% nel Lazio che è la regione con più iscritti ai percorsi liceali). Sono dati preliminari ma indicano una tendenza chiara: gli istituti tecnici sono stati scelti da uno studente su tre.  

Analisi del settore. Fino all’epoca Gelmini, gli istituti tecnici e professionali erano divisi in una marea di indirizzi accumulatisi negli anni. Nel 2008, il Ministero dell’Istruzione decise quindi di riordinare i tecnici in due settori,  economico e tecnologico, nei quali si articolano gli undici indirizzi; i professionali, con il decreto legislativo n. 61 del 13 aprile 2017, in undici indirizzi. Riordino che si è reso necessario, come è esplicitato nel Regolamento , per una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, finalizzate a conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico.

Gli ITS. Negli stessi anni in cui si procedeva al riordino dei tecnici e dei professionali, il Ministero avviò finalmente un nuovo segmento del sistema educativo: gli ITS (acronimo di Istituti Tecnici Superiori. Si tratta di scuole di alta specializzazione, alternative al percorso universitario che risponde alla domanda di formazione terziaria delle imprese alla ricerca di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione. Gli iscritti a questi percorsi sono ancora pochi ma la percentuale di occupabilità degli studenti in uscita è elevata (82% in media nazionale). Scuole di grandissima importanza strategica per il Paese, tanto che Draghi ne parlò persino nel discorso programmatico alle Camere, a febbraio, annunciando un investimento sugli ITS pari a 1,5 miliardi di euro, vale a dire venti volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Si  riferiva al  “Programma nazionale di ripresa e resilienza” (collegato al piano Next Generation EU),  confermando  cosi la cifra già prevista nelle prime bozze di gestione del Recovery Fund italiano. Ultimo aggiornamento sul tema: la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo, del decreto ministeriale 18 dicembre 2020 che disciplina termini, modalità e condizioni per la concessione delle risorse finanziarie per il funzionamento degli ITS. L’obiettivo è di favorire la diffusione delle competenze nell’utilizzo delle tecnologie abilitanti nell’ambito della trasformazione 4.0, necessarie ad accompagnare e sostenere in modo sistematico le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo.

Cosa chiede il mercato post pandemia. Secondo i dati del Bollettino di Unioncamere e Anpal, più di quattro aziende su dieci, in questi mesi di pandemia, hanno investito in trasformazione digitale modificando i propri  modelli di business: si registrano un +16 punti percentuali rispetto al periodo pre-Covid per l’adozione di strumenti di digital marketing sulle innovazioni organizzative, un +17 punti percentuali per lo smartworking, un +10 punti percentuali per l’acquisizione di reti ad alta velocità, sistemi cloud e big data analytics. Quali sono i profili più richiesti dalle aziende nel 2020? Per il 60,4%, le competenze digitali.

Lascia un commento