Sindacato unitario: quando unitario non fa rima con totalitario

In occasione della Festa del Lavoro dello scorso primo maggio, il segretario generale della CGIL Landini ha lanciato l’idea della rappresentanza unitaria delle sigle sindacali

In occasione della Festa del Lavoro dello scorso primo maggio, l’appena nominato segretario generale della CGIL Landini ha lanciato l’idea della rappresentanza unitaria delle sigle sindacali, ritenendo superata dal punto di vista storico, politico e partitico, l’anacronistica pluralità sindacale costituita dalla cosiddetta triplice (CGIL, CISL e UIL) che si rifletteva in una sorta di corrispondenza politica con i vecchi partiti della prima Repubblica (essenzialmente PCI, DC e PSI). 

Anche se, a suo tempo, a sostenere la necessità di un sindacato unico ci aveva già provato l’ex premier Renzi che, in piena fase di attuazione della Legge quadro n. 30/2015 (Jobs Act), nelle disposizioni sulle tipologie contrattuali ha introdotto il già noto concetto di “contrattazione collettiva nazionale, territoriale e aziendale comparativamente più rappresentativa” (art. 51 del D. Lgs. 15 giugno 2015 n. 81). L’allora segretario generale CGIL Camusso, sentendo parlare un premier di sindacato unico, evocò subito gli spettri del regime totalitario del ventennio che ridusse ad unum i sindacati. 

Oggi, con l’uscita di Landini non solo le parti paiono invertite, ma, a dispetto della ormai superata “legislazione partecipata”, vale a dire emanata previa concertazione con le parti sociali, gli ultimi governi che si sono succeduti (quello di Renzi e l’attuale) sembrano disconoscere il ruolo delle parti sociali  il hanno introdotto e introducono nuove disposizioni in materia di mercato del lavoro, di pensioni o comunque norme che impattano sui diritti sociali dei cittadini, senza minimamente consultare i sindacati e le associazioni datoriali.

Di certo il contesto è molto cambiato, alle tre sigle più conosciute se ne sono aggiunte altre quali l’UGL, sindacato storicamente vicino alla destra e la Confsal, sindacato autonomo presente principalmente nel settore pubblico. 

Sul fronte datoriale, l’uscita di FIAT (ora FCA) dal sistema di Confindustria ha senza dubbio depotenziato il peso politico e l’associazione più rappresentativa delle imprese. Per contro, Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti hanno invece deciso di unirsi in un’associazione (R.ETE. Imprese Italia) per rafforzare la propria azione istituzionale. 

Il quadro normativo che disciplina il sistema delle relazioni sindacali si basa sui principi costituzionalmente garantiti di parità di trattamento e di libertà di associazione, nonché sulle norme dello Statuto dei lavoratori che regolamentano il diritto di associazione e di attività sindacale, il divieto di costituire sindacati di comodo e la libertà di costituzione delle rappresentanze sindacali contenuta nello Statuto dei lavoratori (artt. 14 e seguenti Legge 20 maggio 1970, n. 300).

Tuttavia, il proliferare di organizzazioni sindacali e associazioni datoriali più o meno rappresentative che hanno a loro volta dato luogo in alcuni casi a contratti collettivi “pirata” con il solo scopo di far ottenere un trattamento retributivo e normativo inferiore a quello applicabile. 

Per far fronte al problema della misurazione effettiva della rappresentatività degli attori sindacali, anche nell’ottica di ridurre il numero dei contratti collettivi depositati per la loro validità presso il CNEL, si è fatto ricorso ad accordi ed intese stipulate dalle parti sociali per regolamentare il sistema di relazioni industriali. Da ultimo l’Accordo interconfederale del 9 marzo 2018 sottoscritto da Confindustria e CGIL, CISL e UIL che introduce un nuovo modello di contrattazione collettiva, con lo scopo di tracciare il solco per uno o più interventi del Legislatore per la disciplina del salario minimo garantito e i criteri per misurare la rappresentanza e la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e delle associazioni datoriali. 

Attualmente, tra le più recenti proposte di legge depositate in Parlamento c’è la Pdl n. 707 del 7 giugno 2018 presentata da Forza Italia contenente le “Norme in materia di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di efficacia dei contratti collettivi di lavoro, nonché delega al Governo per l’introduzione di disposizioni sulla collaborazione dei lavoratori alla gestione delle aziende” e la Pdl n. 788 a firma PD contenente le “Norme sull’accertamento della rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro privati”.

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