I due anni di pandemia hanno accelerato la transizione dei musei al digitale, dimostrando la sua capacità di attrarre nuovi pubblici e offrire modalità di fruizione alternative e evidenziando come sia possibile fruire di un’opera anche in modo diverso. Con il PNRR si prevede una ulteriore evoluzione: la Digital Library del Ministero della Cultura ha pubblicato in questi giorni la versione 1.1 del Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND)
Il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale
Il PND è la visione strategica con la quale il Ministero della cultura, d’intesa con le Regioni, spinge il processo di trasformazione digitale nel quinquennio 2022-2026 nei diversi settori dell’ecosistema culturale: musei, archivi, biblioteche, soprintendenze, istituti e luoghi della cultura pubblici che conservano, tutelano, gestiscono e/o valorizzano beni culturali. E’, in altre parole, la ricaduta del PNRR nei beni culturali. Nei prossimi mesi è prevista da parte del Ministero un’attività di formazione sul territorio dei contenuti del Piano.
Il paesaggio culturale digitale
Il Consiglio dell’Unione Europea ha incluso tra le forme del patrimonio culturale, oltre ai beni materiali e immateriali, anche le risorse digitali. E’ un passaggio importante: il bene digitale non è più considerato una replica dell’originale fisico ma un bene la cui natura si definisce in base alle relazioni informative che è in grado di generare. C’è una vasta letteratura su questo: si tratta di dispositivi di potenziamento strategico che uniscono tempi, beni (materiali o immateriali), luoghi e persone. Il digitale non è più solo uno strumento di comunicazione, ma l’espressione di un mutamento culturale per creare nuovi percorsi di senso del patrimonio culturale attraverso l’elaborazione, anche simbolica, dell’informazione. La distanza dal contesto di fruizione viene parzialmente colmata dalla ridefinizione di significato che nasce dalle relazioni tra risorse digitali – possibilità di generare e rigenerare connessioni reciproche tra le informazioni – e quindi la transizione verso nuovi modelli di rappresentazione della conoscenza alla quale tutti possono contribuire – e che ha come base la ricostruzione del contesto storico-culturale, critico e sociale che è l’aspetto forse più delicato.
L’importanza di comprendere le potenzialità del digitale
La Commissione europea auspica che le istituzioni culturali dei Paesi membri comprendano le potenzialità delle risorse digitali culturali. Ad ottobre scorso è partita la gara del MIC per arricchire, espandere e organizzare il patrimonio culturale digitale nazionale per la misura “Patrimonio culturale per la prossima generazione” della Componente 3 “Turismo e Cultura 4.0” dedicata ai servizi di produzione per l’incremento delle risorse digitali culturali (M1C3 – Sub-investimento 1.1.5 “Digitalizzazione del patrimonio culturale”). Un progetto focalizzato sulla digitalizzazione di materiale conservato nei depositi, patrimoni quantitativamente superiori rispetto alle opere esposte, con l’obiettivo di tutelare, conservare, valorizzare e promuovere le numerose opere che vengono conservate al loro interno. Interessate a questo sono oltre 70 fra sedi museali e aree archeologiche di tutta Italia (al Mezzogiorno è destinato più del 50% del totale dell’investimento). Un altro filone dell’investimento, per 18,6 milioni di euro – uno degli interventi più significativi mai condotti prima a livello italiano ed europeo – mira invece alla digitalizzazione di opere grafiche, ovvero disegni, stampe, bozzetti, matrici incise .
Nuovi lavori
In tutto questo si inserisce il tema delle competenze: lavorare sul digitale richiede profili specifici come il digital storyteller, il game designer, il digital curator ed altri ancora. Nuovi lavori per il futuro. Chiaramente non si può fruire delle opere d’arte in digitale se prima non si provvede alla digitalizzazione del patrimonio ed è quindi importante che ogni museo, ogni istituzione culturale, analizzi, comprenda e misuri il proprio livello di maturità digitale: l’infrastruttura software nazionale, che sarà integrata nel Polo strategico nazionale (l’infrastruttura progettata per l’erogazione di servizi cloud della pubblica amministrazione) non sostituisce i sistemi esistenti di catalogazione né i siti e i portali di consultazione, ma si pone come un supporto integrativo per consentire e facilitare il confronto fra risorse provenienti dalle diverse dimensioni dell’ecosistema culturale. Un’occasione unica e da non perdere.