Blockchain, un valore per i rifugiati

l’European Qualifications Passport for Refugees, il progetto approvato in via sperimentale dal Miur, si basa sull’utilizzo della tecnologia blockchain e ne sfrutta a pieno il potenziale per valutare e riconoscere le competenze in possesso dei rifugiati.

Anche l’Italia sperimenta e si apre a nuove possibilità di utilizzo della tecnologia blockchain per la valorizzazione del capitale umano come risorsa globale.

La sperimentazione in atto riguarda l’European Qualifications Passport for Refugees, un progetto che si basa appunto sull’utilizzo della tecnologia della blockchain per valutare e riconoscere le competenze in possesso dei rifugiati.

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha voluto adottare questo progetto con un incontro che si è svolto lo scorso 4 ottobre e ha visto protagonisti il Vice Ministro Lorenzo Fioramonti, il Direttore del Centro Informazioni Mobilità Equivalenze Accademiche (CIMEA), Luca Lantero, e l’esperto di trasformazione strategica digitale dell’AgID, Pietro Marchionni.

«L’Italia – ha sottolineato il Vice Ministro – è uno dei Paesi leader nella sperimentazione dello European qualifications passport for refugees e con l’avvio dell’utilizzo della tecnologia blockchain fa un ulteriore passo avanti in tema di valutazione e riconoscimento delle qualifiche in possesso dei rifugiati».

Nei fatti, ciascun rifugiato avrà a disposizione un vero e proprio portfolio digitale su cui inserire le proprie competenze e certificare i titoli di studio conseguiti nel proprio paese o in ambito internazionale. In questo modo, sarà possibile ricostruire ed autenticare il percorso formativo dei rifugiati per inserirli in una rete professionale che non si limita all’Italia ma si estende a tutti quei paesi che già utilizzano la stessa tecnologia.

La blockchain, infatti, si è dimostrata così dirompente soprattutto per la capacità di rinnovare il concetto di relazione attraverso decentralizzazione e disintermediazione, due aspetti che nel caso in questione semplificano le aspirazioni di chi arriva nel nostro paese e assottigliano la burocrazia, spesso ostacolo per la creazione di nuove opportunità.

Non a caso, ha concluso Fioramonti, «era necessario che l’Italia si allineasse con questa metodologia, se è vero che lo sviluppo futuro sarà legato soprattutto alle competenze delle persone che vivranno nel nostro Paese, da ovunque esse provengano».

Il progetto si è concentrato questa volta sul tema dei rifugiati ma gli stessi relatori hanno approfittato dell’occasione per annunciare la possibilità di estenderlo a tutti gli studenti.

Sicuramente uno sguardo in avanti che cambierebbe anche la prospettiva economica, non più basata sul valore delle merci ma sul valore delle persone e del loro potenziale.

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